2012 – Notiziario 12

Sommario
In questo numero 1
Lettera di Antonio Santi 1
Gratosoglio 31 marzo: introduzione di Antoniazzi 3
Gratosoglio 31 marzo: riflessione di don Marcellino 4

Notizie da
Aprile 2012 Anno VI n. 12
Una lettera di Antonio Santi sulla fede e
la perdita della fede degli adulti
(Dopo i funerali di Luciano Rescali ho scritto
una lettera ad Antonio Santi constatando che
diversi nostri amici che hanno condiviso con
noi l’esperienza di G.L. oggi sono lontani dalla
fede. La pubblicazione della lettera di Antonio
è un invito alla riflessione e al dibattito sulla
fede e la perdita della fede degli adulti. Sandro)
Caro Sandro,
come ti capisco bene!!!!
Tu non hai molto lavorato nel campo della
educazione della fede e per te queste cose
sono sconvolgenti. Ma sono vere da tanto
tempo.
La gente sembra che abbia perduto proprio
la fede. Non che io giudichi l’uno o l’altro.
So bene che è un dono di Dio, ma so anche
che può essere perduto questo dono se è
rifiutato. E’ il nostro caso e molti in Italia
sono come dici tu. I nostri amici e tu parli
bene tutti i nostri amici di GL, l’hanno
perduta negli anni 70.
1
In questo numero
IL 31 marzo trascorso ci siamo incontrati in preparazione alla Pasqua.
In questo numero riportiamo l’intervento di Antoniazzi e la riflessione di don
Marcellino. Sullo sfondo teniamo presente il dibattito che stiamo sviluppando a
partire da un a”provocazione” di Sandro inviata a Antonio e relativa alla
constatazione delle difficoltà di fede di molti amici. Le considerazioni di Antonio che
qui riportiamo ha dato luogo ad una serie di interventi che sono riportati sul nostro
sito. Considerato l’interesse suscitato si prevede di sviluppare l’argomento e il
confronto in un apposito incontro in prossimità della Pentecoste nel frattempo sono
sempre graditi nuovi apporti scritti da inviare a comlav@tiscali.it
Sommario
In questo numero 1
Lettera di Antonio Santi 1
Gratosoglio 31 marzo: introduzione di Antoniazzi 3
Gratosoglio 31 marzo: riflessione di don Marcellino 4
Con loro bisogna ricominciare da capo, da
zero sarebbe più facile, non avrebbero
presunzione di sapere.
Certamente dall’amicizia gratuita e dalla
solidarietà reale, anche dalla memoria
comune, anche se a volte è inquinata da
questioni personali che hanno giocato sulla
fede ricevuta e ne hanno fatto una
tradizione di uomini. Ricominciare da capo
di fronte alle tanti verità impazzite che
sono prese come assolute da questi amici
che sono pronti a dare “del Dio” a
qualunque modesta verità o saggezza.
Hanno perso la fede, ma prima hanno
perso l’esperienza quotidiana di Dio che
viene da una vita retta, senza follie.
Dal senso della natura di cui si parla
molto, ma che non è più vista nella sua
bellezza e verità come creazione di un Dio,
intelligente e buono. Dal senso della
coscienza che suggerisce la verità a colui
che agisce in modo retto. Alla verità che
non posso tirare dalla mia parte come una
coperta, ma ho da accettare, come la luce
che sorge alla mattina sulle cose.
Leggendo i salmi come voi state rendendovi
conto che queste cose sono evidenti: una
esperienza umana uni-versale, senza
pretese e senza possessi.
Su questo fondo, direi di buon senso, che
è venuto meno va ripetuto l’annuncio del
Vangelo, la storia della rivelazione di Dio
che parla all’uomo fino a Gesù. Che è assai
semplice e non in funzione della cultura,
della chiesa e dei preti, di destra o di
sinistra. Riascoltarlo per quello che è, così
come è stato tutte le volte, e oggi la dove
ricomincia. La sua semplicità è la carta
vincente sulle mille dottrine esoteriche
create dagli uomini.
Ecco la tua testimonianza comincia qui, un
uomo esperto della vita e della società,
colto e approfondito nel suo agire, che
crede ancora come un bimbo della prima
comunione, che Dio è vivo, è vicino e si
occupa di lui, che può chiamarlo Papa, che
gli ha preparato una via per la sua
famiglia, una vita nuova che non finisce.
Ecco Sandro, capisco che ti senti solo, e
mi rallegro che reagisci così. L’altra sera
mia sorella che ha perso il marito l’anno
scorso mi ha telefonato per dirmi che da
quando è sola ha tempo per pensare e nota
che in tutta la vita è stata aiutata nelle
situazioni più difficili ad uscirne da
qualcuno che non conosce. Mi dice, lei è
come tutti i nostri amici, che sia “Dio” o
qualche altra forza? Io gli ho fatto
ripetere i vari fatti del suo racconto, poi
gli ho detto: forse è il tuo Angelo custode.
Mi è caduta dall’altra parte del telefono.
Davvero, ma è possibile? Beh, gli ho
detto, rifletti, vedi come Dio governa il
mondo, non poteva forse creare anche
delle creature altre che l’uomo e gli
animali… non poteva loro affidare dei
compiti per seguire ogni uomo e aiutarlo
nel suo cammino?
Mi ha detto che rileggerà il Vangelo
perché non li aveva mai notati…
Ecco Sandro, non siamo soli anche se il
sentimento è molto forte, ed anche i
nostri amici non sono soli, nella loro
tenebra o luce accecante a seconda degli
idoli che hanno trovato,
Ho ricevuto l’invito per l’incontro a Città
dell’uomo. Sono molto contento per voi,
anche qui bisogna ricominciare da capo. In
questo so che siete ben persuasi, ma ci
vuole una pazienza… una pazienza! Ve la
auguro. Che il Signore ve la doni. Grazie
alla malattia, direbbe Blaise Pascal, grazie
a Luciano che ha scosso tutti gli amici con
la sua morte, grazie a Sandro che non
molla nella sua fedeltà a quello che ha
ricevuto.
Con amicizia
Antonio
2
Gratosoglio 31 marzo
Introduzione: la Pasqua, l’esodo e noi
Sandro Antoniazzi
1. Questo incontro ci prepara alla Pasqua. Ogni
festa, ogni domenica è importante. Leggiamo
nella Genesi (2,3) che “Dio benedisse il
settimo giorno e lo consacrò”, lo santificò.
Impropriamente usiamo dire che dobbiamo
“santificare” le feste. In realtà la domenica è
santa perché Dio l’ha santificata; è santa
perché è il giorno del Signore, dell’Eterno,
dell’Invisibile. Partecipando alla festa della
domenica, noi dunque partecipiamo della sua
santità.
Anche la festa della Pasqua è stata istituita dal
Signore nel momento della liberazione del
popolo ebreo dall’Egitto “Questo giorno sarà
per voi un memoriale, lo celebrerete come
festa del Signore di generazione in generazione,
lo celebrerete come un rito perenne”
(Esodo, 12,14). Così nei giorni della sua
passione, nel comunicare l’eucarestia, Cristo
dice ai discepoli “Fate questo in memoria di
me”.
Dunque la Pasqua è particolarmente santa
perché è memoria di questi interventi del
Signore.
2. Con la Pasqua ebraica è iniziato l’Esodo, un
lungo viaggio durato quaranta anni, durante il
quale il popolo ha provato fame, sete, dubbi,
sfiducia, tradimenti, aggressioni, prima di
arrivare alla terra promessa. L’Esodo è
immagine non solo spirituale della realtà del
nostro tempo (ed emblematicamente uno dei
problemi aperti oggi è quello degli “esodati”).
La crisi che stiamo attraversando è appena
iniziata e sarà molto lunga (i 40 anni
dell’esodo) perché è un radicale rivolgimento
della economia e della società attuale verso un
nuovo assetto per il quale possiamo solo
nutrire la speranza. Dobbiamo pensare il
prossimo futuro come un periodo di prova.
Compito dei cristiani in questo momento
storico è tenere viva la fiducia che si può
sperare in una società più giusta (la terra
promessa), lavorare per questo e accompagnare
le persone in questa lunga marcia.
3. Fra i grandi cambiamenti della nostra epoca
si pone certamente l’imponente emergere delle
donne.
Oggi ne parliamo a partire dalla Bibbia.
Leggendo la Bibbia dobbiamo saper distinguere
ciò che è essenziale da ciò che è storico.
Nell’Antico Testamento vigeva il patriarcato,
che è stato dominante ancora a lungo, almeno
sino alla rivoluzione francese (con enormi
ripercussioni nella chiesa).
Noi ci stiamo liberando a poco a poco dai
legami storici passati. Ogni cambiamento
comporta fatica. Per questo Comunità e Lavoro
si sforza di riflettere sui cambiamenti per
svolgere il proprio compito di accompagnamento
e di cura. La nostra funzione
personale e quella di Comunità e Lavoro è
quella della “cura”, perché nei cambiamenti che
si verificano siano salvaguardate le persone, la
loro dignità, la loro libertà, le loro relazioni e
rimangano vivi i valori essenziali, sociali e
spirituali dell’umana convivenza .
( “Cura di sé, cura degli altri, cura del
mondo” è significativamente il titolo del
libretto che uscirà nei prossimi giorni e che
riporta le relazioni ai nostri incontri
dell’anno 2010-2011) .
3
Gratosoglio 31 marzo
Riflessione: donne nella passione e morte di Gesù
don Marcellino Brivio
Introduzione
Nel documento distribuito ho riportato i quattro
testi evangelici cui farò riferimento. Una
riflessione a partire dalle donne presenti alla
passione e morte di Gesù. L’occasione delle
feste non tanto dal punto di vista celebrativo,
ci fa partecipi di una esperienza cristiana
intimamente collegata al presente cristiano di
colui che crede che Gesù di Nazareth ha
attraversato le strade della Palestina dicendo
parole che facevano respirare, parole buone
che facevano recuperare il nostro essere più
profondo, essere stati “insufflati” fin dalle
origini dallo Spirito di Dio. Chi crede che
quest’uomo è colui che dona lo Spirito sa che
la vicenda umana è “lavorata” dal Signore. La
festa è la memoria di un lavoro che il Signore
va facendo e con il quale noi tentiamo di
collaborare facendo memoria della modalità
con cui Lui sta lavorando. Perciò la festa come
dimensione dedicativa della nostra vita
quotidiana.
Non siamo sempre in festa, ma viviamo la
nostra vita quotidiana e ogni tanto facciamo un
respiro per dire che questi fatti hanno una meta
e questa meta determina la direzione e la
modalità con cui noi camminiamo.
Gesù davanti a Caifa – dal film “La Passione di Cristo”
La festa non è un estraniarsi dalla vicenda
umana ma un recuperarne un senso più
profondo.
Sullo sfondo terrò anche il dibattito che sta
avvenendo tra voi partendo da una lettera di
Antonio Santi relativa al fatto che molti amici
con cui abbiamo condiviso una forte passione
per un’umanità vera, per la giustizia hanno
abbandonato le realtà di fede che ancora a noi,
magari in un modo problematico, parlano.
Ho cercato poi di scegliere i testi su cui
riflettere ricavandoli da tutti e quattro i
Vangeli in modo da cogliere da tutti un
riferimento alle donne nelle passione di Gesù.
Per recuperare anche questo aspetto che nella
dimensione discepolare, di quelli che stavano
intorno a Gesù. La presenza delle donne c’era
e la stessa presenza indipendentemente che sia
ricordata in un modo o in un altro è la
dimensione di una quotidianità di presenza che
di per sé travolgeva l’impostazione tradizionale
non solo della dimensione religiosa del
popolo ebraico ma anche della dimensione
sociale.
4
La donna di Betania (Mc 14.1-11)
Mancavano due giorni alla Pasqua e agli
Azzimi e i capi dei sacerdoti e gli scribi
cercavano il modo di catturarlo con inganno e
per farlo morire; Dicevano infatti: «Non
durante la festa, perché non vi sia una rivolta
del popolo». Gesù si trovava a Betania, nella
casa di Simone il lebbroso. Mentre egli era a
tavola, giunse una donna che aveva un vaso di
alabastro pieno di profumo di puro nardo, di
gran valore. Ella ruppe il vaso di alabastro e
versò il profumo sul suo capo. Ci furono
alcuni, fra loro, che si indignarono: «Perché
questo spreco di profumo? Si poteva venderlo
per più di trecento denari, e darli ai poveri».
Ed erano infuriati contro di lei.
Allora Gesù disse: «Lasciatela stare! Perché
la infastidite? Ha compiuto un’azione buona
verso di me. I poveri infatti li avete sempre
con voi e potete far loro del bene quando
volete; ma non sempre avete me. Ella ha fatto
ciò che era in suo potere ha unto in anticipo
l’unzione il mio corpo per la sepoltura. In
verità io vi dico: dovunque sarà proclamato il
Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei
si dirà anche quello che ha fatto»
Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò
dai capi dei sacerdoti per consegnare loro
Gesù. Quelli, all’udirlo, si rallegrarono e
promisero di dargli del denaro. Egli cercava
come consegnarlo al momento opportuno.
Rupnik – Maria ai piedi di Cristo –
mosaico refettorio Centro Aletti – Roma
Il contesto è chiaro. Siamo due giorni prima
della morte di Gesù. In questo contesto in cui
Gesù stesso fa riferimento alla sua sepoltura.
Siamo quindi in un contesto di morte e qui
troviamo un gesto di gratuità, un investimento
a perdere da parte di questa donna. Un gesto
profetico: è unto uno che riconosco essere il
profumo di Dio per l’umanità e quindi quel
profumo, per quanto prezioso, ha una
dimensione relativa appunto in relazione al
vero profumo, l’amore di Dio per l’umanità. Si
unge una persona che dà profumo nuovo alla
mia vita. E’ inoltre un gesto di forte intimità,
un gesto trasgressivo che in un altro contesto
di cena lo compirà Lui. Una donna che si
libera da una logica economica e sa vedere
vicino e lontano. Vicino perché riconosce in
Gesù il Profumo, lontano, in prospettiva di una
sepoltura. In concreto questa donna sa vedere
che il cambiamento è già entrato nella nostra
vicenda umana, la logica di incarnazione a
partire dalla quale ricuperare il senso profondo
della festa. Un gesto che dà profumo a tutta
l’esistenza. Il bene che si fa è profumato. Il
cambiamento è già iniziato con quest’uomo
che cercano per ucciderlo, che è l’iniziatore di
un modo nuovo di vivere le relazioni personali,
sociali, fraterne. La presenza di questa donna
ci racconta che la speranza cristiana non è la
morte vera, nel senso di non poter comunicare
ma nel non essere compresi, quando non esisti
più per nessuno. Per comprenderci dobbiamo
capire il valore ultimativo della storia umana
di Gesù che è profumata.
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2. Una serva nella casa di Caifa
(Lc 22,54-62)
Dopo averlo catturato, lo condussero via e lo
fecero entrare nella casa del sommo
sacerdote. Pietro lo seguiva da lontano.
Avevano acceso un fuoco in mezzo al cortile e
si erano seduti attorno; anche Pietro sedette
in mezzo a loro. Una giovane serva lo vide
seduto vicino al fuoco e, guardandolo
attentamente, disse: “Anche questi era con
lui”. Ma egli negò dicendo: “O donna, non lo
conosco!”. Poco dopo un altro lo vide e disse:
“Anche tu sei uno di loro!”. Ma Pietro
rispose: “O uomo, non lo sono!”. Passata
circa un’ora, un altro insisteva: “In verità,
anche questi era con lui; infatti è Galileo”.
Ma Pietro disse: “O uomo, non so quello che
dici”. E in quell’istante, mentre ancora
parlava, un gallo cantò. Allora il Signore si
voltò e fissò lo sguardo su Pietro, e Pietro si
ricordò della parola che il Signore gli aveva
detto: “Prima che il gallo canti, oggi mi
rinnegherai tre volte”. E, uscito fuori, pianse
amaramente
Caravaggio – Rinnegamento di Pietro
Da notare che Pietro era quello che aveva
sostenuto che non lo avrebbe mai
abbandonato. Marco dice che è sempre la
stessa donna che interloquisce. Qui si tratta di
cercare la verità e per questo occorre frugare
nel tempo, fare memoria, che gli incontri non
sono stati superficiali. Soprattutto c’è da far
tesoro di ciò che abbiamo visto, vissuto. Nella
tradizione biblica il “vedere” è una condizione
fondamentale. Il credente è quello che vede in
profondità, che non è superficiale, che sa fare
memoria. “Questo era dei suoi” che non è
un’accusa ma una constatazione. Questa donna
sa far tesoro di quello che capita. Può essere
una provocazione per noi di aver cura che non
ci si perda dietro ad altre fantasie mentre
attraversiamo il nostro tempo. Non è
sufficiente uscire dalla schiavitù d’Egitto
occorre che la logica della schiavitù esca da
noi, che sappiamo riconoscere ciò che
abbiamo vissuto, i fatti, i volti. Per cercare la
verità occorre cercare in profondità, frugando
nel tempo. E Pietro viene interrogato da questa
donna sull’autenticità della sua relazione di
vita con Gesù. Questa donna svela il limite di
Pietro. In questa vicenda umana ci metti tutto
te stesso o aspetti che venga semplicemente a
compimento? La verità va cercata non va
processata (“sei o non sei re?”) e per cercarla
occorre lasciarsi coinvolgere in quel cammino
di relazione profonda con Lui. La dinamica
verso la verità è una dinamica di ricerca o,
come direbbe Agostino, di lasciarsi cercare, di
accogliere di essere cercato, scrutato. La paura
di Pietro è il riferimento sulla verità della sua
relazione con il Maestro: stavi con Lui o con
chi? L’appello è ad una vigilanza interiore
sulla evangelicità reale della nostra vita, non
primariamente sulle nostre appartenenze
(“vieni anche tu dalla Galilea”).
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3. Il sogno della moglie di Pilato
(Mt 27,15-26)
A ogni festa, il governatore era solito
rimettere in libertà per la folla un carcerato,
a loro scelta. In quel momento avevano un
carcerato famoso, di nome Barabba. Perciò,
alla gente che si era radunata, Pilato disse:
“Chi volete che io rimetta in libertà per voi:
Barabba o Gesù, chiamato Cristo?”. Sapeva
bene infatti che glielo avevano consegnato per
invidia.
Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli
mandò a dire: “Non avere a che fare con quel
giusto, perché oggi, in sogno, sono stata molto
turbata per causa sua”.
Ma i capi dei sacerdoti e gli anziani
persuasero la folla a chiedere Barabba e a far
morire Gesù. Allora il governatore domandò
loro: “Di questi due, chi volete che io rimetta
in libertà per voi?”. Quelli risposero:
“Barabba!”. Chiese loro Pilato: “Ma allora,
che farò di Gesù, chiamato Cristo?”. Tutti
risposero: “Sia crocifisso!”. Ed egli disse:
“Ma che male ha fatto?”. Essi allora
gridavano più forte: “Sia crocifisso!”.
Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che
il tumulto aumentava, prese dell’acqua e si
lavò le mani davanti alla folla, dicendo: “Non
sono responsabile di questo sangue.
Pensateci voi!”. E tutto il popolo rispose: “Il
suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli”.
Allora rimise in libertà per loro Barabba e,
dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò
perché fosse crocifisso
Gesù davanti a Pilato – dal film “Passione di Cristo”
Episodio riportato solo dal Vangelo di Matteo.
Siamo nel secondo processo che segue quello
nella casa di Caifa dove si era deciso per la
condanna a morte. In tutte le tradizioni
evangeliche Pilato prende tempo perché
qualcosa non quadra nella accuse presentate.
Nel momento forte della decisione processuale
interviene la presenza di una donna. In
occasione della festa di Pasqua in cui gli ebrei
celebravano la liberazione dalla schiavitù
d’Egitto il governatore romano era solito
liberare un prigioniero secondo la logica
dell’ingraziarsi la popolazione. Cerca di
liberarsi da questo “sporco lavoro” che gli era
stato commissionato dai capi religiosi. Intuisce
che è una dinamica ricattatoria. I sadducei,
setta alla quale appartenevano la quasi totalità
dei sacerdoti, erano collusi con Roma per cui il
loro parlare era molto ascoltato dall’imperatore
perciò, deduzione, “se non lo condanni non sei
amico di Cesare”. Per cui il tentativo estremo
di Pilato, nella logica di ingraziarsi la
popolazione, è quello di liberare qualcuno
pensando che piuttosto di liberare un
delinquente chiederanno di liberare Gesù. La
moglie gli manda a dire “non avere a che fare
con quel giusto” cioè non tanto “non ti
interessare”, ma “ non lasciarti inquietare, non
farti tirar dentro”.
Qui si parla di un sogno di una donna, l’unico
sogno femminile nella Bibbia. Si parla di una
relazione con questo giusto: “sono stata molto
turbata”. In concreto “non avere a che fare”
implica la coscienza. La prima cosa da
sottolineare è che, se questo sogno è stato
ricordato, dobbiamo riflettere. La donna è
capace di sognare ma con una dimensione di
senso della realtà molto forte. Sempre, nella
tradizione biblica, il sogno implica un
riferimento forte con la realtà. Il sogno della
terra promessa fa camminare in un certo modo
e quando di Mosè si diceva che andava dritto,
senza deviare a destra o a sinistra, si intendeva
che lui vedeva con chiarezza l’invisibile. Il
sogno è una cosa vera, il sogno determina il
tuo modo di camminare. Sognare che un altro
mondo è possibile determina le scelte di
attraversamento, non determina la fretta
brutalmente contestativa di quello che stiamo
vivendo, ma determina la pazienza costruttiva
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dei passi che devono, certo, avere una
direzione, ma che ti devono implicare in
coscienza. In caso contrario si fa
semplicemente della retorica, delle
manifestazioni esteriori. Ritornerà questo nella
tradizione biblica, nel discorso di Pietro
quando, dopo la Pentecoste, fa il discorso in
cui fa riferimento alla profezia di Gioele “tutti
diventeranno sognatori, noi abbiamo
ammazzato tanti sognatori” così la moglie sostanzialmente
dice a Pilato “non farti tirare
dentro alla morte di un sognatore” e Pietro
Michelangelo – il profeta Gioele – Cappella Sistina
dice appunto che si è verificata la profezia di
Gioele in quanto tutti capiscono tutti.
Gioele dice che anche i vecchi che accudiscono
ai nipoti hanno un sogno, si lasciano
coinvolgere perché vedono che dentro loro c’è
il sogno che va avanti.
Il sogno di questa donna è il richiamo ad una
responsabilità e ad una partecipazione effettiva
ad un sogno. Non uccidere i sognatori. Pilato
sta uccidendo l’uomo che è il sogno
dell’umanità.
Masolino da Panicale – La predica di Pietro
Cappella Brancacci- Firenze
8
Le donne sul Golgota e al sepolcro Gv
19,25-20; Lc 23,50-56)
Stavano presso la croce di Gesù sua madre,
la sorella di sua madre, Maria madre di
Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora,
vedendo la madre e accanto a lei il
discepolo che egli amava, disse alla madre:
“Donna, ecco tuo figlio!”. Poi disse al
discepolo: “Ecco tua madre!”. E da
quell’ora il discepolo l’accolse con sé. Dopo
questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era
compiuto, affinché si compisse la Scrittura,
disse: “Ho sete”. Vi era lì un vaso pieno di
aceto; posero perciò una spugna, imbevuta
di aceto, in cima a una canna e gliela
accostarono alla bocca. Dopo aver preso
l’aceto, Gesù disse: “È compiuto!”. E,
chinato il capo, consegnò lo spirito. Ed
ecco, vi era un uomo di nome Giuseppe,
membro del sinedrio, buono e giusto. Egli
non aveva aderito alla decisione e
all’operato degli altri. Era di Arimatea, una
città della Giudea, e aspettava il regno di
Dio. Egli si presentò a Pilato e chiese il
corpo di Gesù. Lo depose dalla croce, lo
avvolse con un lenzuolo e lo mise in un
sepolcro scavato nella roccia, nel quale
nessuno era stato ancora sepolto. Era il
giorno della Parasceve e già splendevano le
luci del sabato. Le donne che erano venute
con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe;
esse osservarono il sepolcro e come era
stato posto il corpo di Gesù, poi tornarono
indietro e prepararono aromi e oli
profumati. Il giorno di sabato osservarono il
riposo come era prescritto.
Peter Von Cornelius – Le tre Marie al sepolcro
Le donne hanno accompagnato Gesù lungo
il cammino e fin sotto la croce. Sono silenti,
piangenti e la forza della loro presenza è
dare un senso al vuoto di azione, non si può
più fare niente, sono scappati quelli che
avrebbero dovuto esserci. Gli uomini
d’azione non ci sono. Allora bisogna dare un
senso a questo vuoto d’azione a questo “non
c’è più niente da fare”. Ecco allora la
presenza che i Vangeli sottolineano così “la
fine è l’inizio del mistero”. Il passaggio
morte-vita. La Pasqua. Dentro quella che
potrebbe essere la fine i Vangeli hanno visto
un Fine dell’esistenza. Le ultime parole di
Gesù sulla croce sono raccolte da queste
donne, le ultime sette parole con questo
numero che è indice di completezza. C’è
questa dinamica fondamentale di questo
ritrarsi di Gesù, di questo condividere fino
alla fine questa dimensione umana,
fallimentare della nostra esistenza per
cogliere che qui si rivela il non abbandono
da parte di Dio della vicenda umana anche
se noi possiamo solo condividerla. Da
questo punto di vista vediamo la
testimonianza di tanti nostri fratelli e sorelle
dentro le situazioni più disperate del mondo.
Cogliere come nel momento in cui c’è un
vuoto di azione, la presenza delle donne dice
che la fine di Gesù è l’inizio di una vita.
L’amore, quello vero, resta sempre un
mistero e una promessa di cui le donne sono
custodi.
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Conclusione
1. La logica della gratuità. Questo è il cuore
del Vangelo. Di questo si racconterà per
sempre (riferimento alla donna di Betania). Il
Vangelo non puoi raccontarlo se non vedi in
giro per il mondo episodi di gratuità. Vite che
sanno cogliere che la logica del dare-avere
anche a fin di bene e se applicato ai poveri
non è una bella notizia. Mentre una bella
notizia è questa dinamica di gratuità. A
Betania troviamo la dedizione di una vita che
ha scoperto come la dinamica fondamentale
che deve andare in giro per il mondo è un po’
di profumo evangelico.
2. Nel cortile di Caifa la serva custodiva chi
entrava e usciva. Occorre custodire la soglia
per custodire una relazione vera con il Signore
oppure abbiamo scambiato la relazione con il
Signore solo perché facciamo delle attività?
La relazione con il Signore è una discrezione,
una verità che si professa. Se custodiamo delle
soglie belle, cioè l’unico posto da cui puoi
entrare. Noi dovremmo sempre essere cristiani
della soglia. Noi abbiamo in diocesi una
persona come Angelo Casati che nella sua
discrezione ci aiuta a cogliere come ci vuole
una modalità per capire come va a finire la
Rubens – Resurrezione di Cristo
vicenda di Gesù e quindi la nostra vicenda.
Perché lo sguardo di Gesù ha poi recuperato la
relazione con Pietro trasformandolo. La
sognatrice della nostra convivenza sociale.
Oggi si fa più fatica ad assumersi
responsabilità che non siano “garantite”.
L’orizzonte si è abbassato troppo. Tenere
assieme la piccola parte delle cose da fare però
per decidere, dice la moglie di Pilato, deve
sapere con chiarezza che questo è il giusto.
Dobbiamo aiutarci a recuperare nel piccolo le
assunzioni delle proprie responsabilità.
4.Il senso profondo della presenza che dà
significato al vuoto d’azione è essere convinti
che Dio non esaudisce le nostre preghiere ma
resta fedele alla sua promessa che è senz’altro
più bella, più profonda, più arricchente delle
nostre preghiere che quando siamo bravissimi
riguardano il mondo nuovo di giustizia, di
pace. Ma a questa promessa che riguarda ogni
cosa, ogni persona, ogni cuore umano il
Signore rimane fedele. Allora il senso di una
presenza, nonostante tutto, è determinato da
questa convinzione profonda che la Pasqua del
Signore ci dice.
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